“cos’è il corpo?
È quell’ombra di un’ombra del tuo amore,
che in qualche modo comprende tutto l’universo”.
Jelaluddin Rumi
La fitoterapia si basa sostanzialmente su preparati a base di piante medicinali nel trattamento delle molteplici patologie che affliggono l’uomo oggi. Rispetto ad altre medicine alternative la fitoterapia si trova in uno stato di maggiore affinità con i paradigmi della medicina convenzionale. La moderna farmacologia affonda le sue radici nell’antica erboristeria e a tutt’oggi le farmacopee e i prontuari dei paesi più industrializzati contemplano al loro interno la presenza di preparati a base di estratti di piante medicinali. Sostanzialmente nella medicina moderna l’uso di estratti a base di piante medicinali ha senso in quelle patologie in cui, sulla base di considerazioni di costo, efficacia e tossicità, si possa dimostrare un reale vantaggio rispetto ad eventuali molecole di sintesi.
Storia della fitoterapia
La scoperta delle proprietà curative delle piante è, all’inizio, sicuramente un fatto istintivo e casuale. L’uomo primitivo ritrova nella pianta il cibo e la medicina, avvalendosi di esperienze personali, anche negative, nonché del comportamento degli animali. L’aspetto istintivo divenne razionale quando dalle osservazioni e dagli esperimenti si cercò di migliorare la qualità della vita umana. Chi meglio di tutti conosceva la natura (p.es. lo stregone) era anche tenuto in particolare considerazione. La trasmissione delle conoscenze avveniva in modo orale.
Le prime notizie dell’uso di piante ed erbe a scopo curativo risalgono a 10.000 anni fa, in India. Tuttavia, i più antichi documenti scritti relativi all’uso e alle proprietà dei medicamenti e dei veleni appartengono alla civiltà cinese: tra questi è assai noto l’Erbario di Shên Nung (circa 2700 a. C.), che annovera 360 droghe. Altri importanti documenti sono i papiri egiziani di Ebers e di Smith (ca. 1600 a. C.) che descrivono 160 droghe e piante medicamentose tra cui l’oppio, il giusquiamo e il ricino. Gli egizi conoscevano più di 700 forme di medicamenti, di natura sia vegetale che animale. Importanti sono anche i libri sacri della civiltà indiana (1000-800 a. C.), che elencano oltre 800 droghe medicinali; alcune tavolette cuneiformi della civiltà assiro-babilonese, tra cui quella di Assurbanipal che menziona la belladonna, la canapa indiana, la coloquintide, l’oppio, la cassia, ecc. La stessa Bibbia ci tramanda l’uso, da parte degli ebrei, di alcune piante, come l’issopo e il cedro, per curare le malattie.
Il primo trattato sistematico di botanica farmaceutica, De historia plantarum, è del periodo greco e fu scritto da Teofrasto. Un testo di difficile lettura, in quanto i nomi delle 500 piante sono completamente diversi dagli attuali, anche se si basano sul tipo di fusto e sulla possibilità di coltivare o meno la specie vegetale. Un celebre medico dell’antichità greca fu Ippocrate di Coo (460-377 circa a. C.) che, coi suoi aforismi, le sue ricette, i suoi metodi di dosaggio e le sue diete, influenzò il mondo romano e parte di quello medievale. Fu lui a classificare per la prima volta in modo organico 300 specie di piante medicinali. Tra i più antichi orti o giardini botanici del mondo si ricordano quelli di Alessandria d’Egitto sotto i Tolomei (dal IV secolo a.C.) e quello istituito ad Atene, intorno al 340 a.C., a scopo di studio e per volontà di Aristotele, che ne affidò la gestione a Teofrasto, uno dei suoi discepoli.
Tuttavia le prime opere con carattere di veri trattati di farmacognosia e di farmacoterapia compaiono solo in epoca romana. In esse i farmaci non vengono più riportati sotto forma di semplici elenchi o in appendice alle malattie, come negli scritti di Ippocrate, ma secondo criteri sistematici e descrittivi riferentisi all’uso, agli effetti utili o dannosi, al dosaggio, alle modalità di somministrazione, ecc. Sin dal I sec. d.C., a Roma, era uso comune coltivare orti con piante medicinali.Tra le più significative opere di quest’epoca vanno ricordate il De medicina di Celso (18 d. C.); l’assai importante opera in 5 volumi di Pedanio Dioscoride Anazarbeo (sec. I d.C.), De materia medica, che tratta tutta la conoscenza medica dell’epoca, inclusa quella relativa alle proprietà medicinali delle piante. Questa enciclopedia ebbe grandissima autorità in tutto il Medioevo, fin quasi al XVI sec. Per la prima volta, inoltre, si tenta di classificare le piante non in ordine alfabetico ma secondo le loro affinità. Le descrizioni contenute in queste opere spesso erano fortemente influenzate da concezioni filosofiche, magiche e astrologiche.
Di epoca romana vanno anche ricordati Plinio il Vecchio (23-79), la cui opera Naturalis historia in 37 libri, è un’autentica enciclopedia, ancora oggi fondamentale per farci apprendere le conoscenze della farmacologia degli antichi; Claudio Galeno (129-201) il medico più illustre di tutta l’antichità dopo Ippocrate; egli catalogò i medicamenti in funzione del “calore” (o umore), secondo gradi crescenti, permettendo la scelta del farmaco con tale parametro per ogni malattia (Methodus medendi). Infine il medico bizantino Oribasio (325-403), che trattò di falsificazione delle droghe
Nozioni utili di fitoterapia
Le nozioni generali di fitoterapia si possono compendiare nella raccolta e conservazione delle erbe e delle piante medicinali (droghe), nelle preparazioni usuali e consigli utili e pratici. Per trarre dalle piante medicinali il massimo dei principi attivi occorre scegliere giornate serene, di pieno sole, iniziando la raccolta nella tarda mattinata, affinché steli, foglie e fiori siano perfettamente asciutti, dando la preferenza agli esemplari più belli. L’assenza di rugiada è una condizione molto importante perché le parti vegetali umide e bagnate possono deteriorarsi e marcire rapidamente già durante il tempo che intercorre fra la raccolta e la successiva essiccazione. Di alcune piante si raccolgono foglie e fiori, di altre le sommità fiorite; di altre, poi, si utilizzano soltanto le radici, i rizomi o i bulbi. Ciò dipende dal genere della pianta, e da quali delle sue parti sono più ricche di principi attivi. Raccogliere non significa distruggere. Ogni cosa va spiccata con delicatezza affinché la pianta non abbia a soffrire. La si sradica unicamente allorché si debbono raccogliere radici, rizomi o bulbi. Le foglie vanno spiccate quando sullo stelo compaiono i boccioli dei fiori, infatti, prima della fioritura sono poco attive perché contengono troppa acqua. I fiori vanno raccolti appena sbocciati, perché più ricchi di principi attivi. Solo i fiori della camomilla e dell’arnica possono essere raccolti ancora in boccio.
Piante non sicure
Il problema forse più insidioso è costituito dalle piante utilizzate ancora oggi nella medicina popolare che tuttavia alla luce della analisi fitochimica si sono rivelate non sicure per la presenza di sostanze dimostratesi sperimentalmente o clinicamente tossiche, talvolta anche a basse dosi, oppure responsabili di effetti collaterali prima sconosciuti, ad esempio il Kava-kava, pianta della medicina tradizionale polinesiana, ritenuta sicura ed efficace come ansiolitico, oggi dimostratasi invece responsabile di oltre trenta casi di epatotossicità, anche grave, e sospesa dal commercio in numerosi paesi europei tra i quali l’Italia.
Sostanza | Pianta | Effetto |
Safrolo | Sassofrasso | Cancerogenicità |
Alcaloidi pirrolizidinici | Borago officinalis, Tussilago
Farfara, Symphytum officinale, Petasites officinale, Senecio spp, Cynoglossum officinale |
Trombosi delle vene
sovraepatiche, epatocancerogenicità |
Ditepeni neoclerodanici | Camedrio ed altre piante del
genere Teucrium, Scutellaria ed Ajiuga |
Necrotizzante parenchima
epatico |
Acido aristolochico | Aristolochia spp | Nefrotossicità |
Chetoni | Olio essenziale di Assenzio
(Artemisia absintium), Issopo (Hyssopus officinalis). |
Neurotossicità |
Miristicina | Anice stellato giapponese,
Noce moscata |
Neurotossicità |
Indicazioni
Le piante medicinali hanno un loro valore terapeutico ma devono essere utilizzate correttamente, tenendo sempre in considerazione i limiti delle loro possibilità, e usate soprattutto per i piccoli disturbi passeggeri. La loro azione, infatti, non altera gli equilibri dell’organismo e non provoca effetti collaterali negativi. Dato che le erbe richiedono in genere più tempo, sia per la loro preparazione sia per ottenere un effetto, costringono la persona a dedicarsi con maggiore attenzione alla cura di se stessi, il che è spesso il modo migliore per guarire. Per piccole ferite, mal di testa, mal di denti, scottature, disturbi mestruali, raffreddori non sempre è necessario ricorrere alle medicine. Spesso tisane, oli essenziali e pomate a base di erbe danno buoni risultati senza intossicare l’organismo. Se però, dopo due settimane, questi risultati non ci sono, si deve consultare un medico. Un disturbo apparentemente di poca importanza può essere infatti il sintomo di una malattia più seria. In alcune malattie importanti come l’ipertensione arteriosa, l’arteriosclerosi, il diabete, i disturbi del cuore e della circolazione, si possono affiancare alle medicine tradizionali preparati a base di piante medicinali. I dosaggi dei farmaci si possono così ridurre e, a volte, gradualmente, sostituire. L’efficacia della fitoterapia dipende dalle caratteristiche di ciascuna pianta. Queste possono variare notevolmente a seconda del luogo, del periodo dell’anno e del tipo di conservazione e di lavorazione subite dalle erbe e anche dalla costanza dell’assunzione perché, per produrre il loro effetto, i rimedi fitoterapici hanno bisogno di tempi più lunghi rispetto a quelli necessari per un farmaco. In particolare, per la cura di malattie degenerative si ottengono risultati solo se la pianta viene assunta con continuità. È il caso, per esempio, dell’aglio che può aiutare a mantenere sotto controllo i livelli di colesterolo, la fluidità del sangue e la pressione arteriosa.
Effetti collaterali prevedibili
Se possibili ed imprevedibili sono gli effetti collaterali di piante tipiche della medicina tradizionale come ad esempio la Commiphora mukul (Bianchi, 2004), alcuni sono certamente prevedibili in relazione alla presenza di sostanze ad attività farmacologica nota, come ad esempio le amine simpatico mimetiche presenti nella Ephedra (efedrina), nella Sida cordifolia
(efedrina), nel frutto immaturo di Citrus aurantium (sinefrina), o amfetamino simili (Katha edulis), o la caffeina, presente in molte piante (Calapai, 1999). Si è trovato efedrina anche in preparazioni tradizionali cinesi come il decotto di Ma-Huang ed in particolare nell’infuso, con una concentrazione di efedrina variabile da 16 a 209 mg/l (Morini, 2003).
Un prodotto di recente introdotto sul mercato a base di riso rosso (fermentato con il fungo Monascus) contiene lovastatina la quale potenzialmente presenta tutti i rischi delle statine di sintesi: due pazienti che stavano assumendo questo tipo di prodotti (5 mg/die di monacolina o lovastatina) hanno presentato un aumento dei livelli di CPK.
Recentemente il nostro Ministero della Salute ha emesso un provvedimento specifico in merito al commercio di tali prodotti limitando l’apporto giornaliero di lovastatina.
Anche la posologia e la durata di trattamento possono facilmente essere responsabili di effetti collaterali:
a) Liquirizia: alte dosi per brevi periodi o basse dosi per lunghi periodi possono essere responsabili di ipopotassiemia, ipertensione arteriosa e rabdomiolisi (Firenzuoli, 2002).
b) Lassativi antrachinonici (Senna, Cascara, Frangola, ecc.): l’uso protratto nel tempo di provoca danni irreparabili alla mucosa del tratto intestinale, squilibri idroelettrolitici, interazioni farmacologiche ben note e riportate in letteratura.
Interazioni farmacologiche e controindicazioni specifiche
In letteratura sono ben conosciute numerose interazioni farmacologiche da piante medicinali (Fugh-Berman, 2000): Liquirizia (rischio di ipopotassiemia se associata con diuretici e cortisonici), Ginseng (aumento di efficacia del warfarin ed ipoglicemizzanti orali), Aglio e Ginkgo (aumento di efficacia se associati ad anticoagulanti ed antiaggreganti piastrinici), Pompelmo (aumenta la biodisponibilità di calcioantagonisti) ed in particolare da Iperico per la sua attività di induttore enzimatico (riduce il livello di ciclosporina, digitale, teofillina, antiretrovirali, anticoagulanti orali) e per gli effetti di sommazione se assunto contemporaneamente a farmaci serotoninergici (Firenzuoli, 2001; Stevinson 1999).
Il problema delle controindicazioni è invece legato alla composizione dell’estratto utilizzato: ad esempio la lecitina di soia non presenta controindicazioni, mentre l’uso di estratti di soia ricchi in isoflavoni sono controindicati nelle donne affette da patologia neoplastica estrogeno dipendente o in terapia con Tamoxifene (Firenzuoli, 2003)
A questo proposito ricordiamo anche che le moderne tecniche estrattive consentono la disponibilità di estratti frazionati, purificati e standardizzati in principi attivi, i cosiddetti fitoterapici “intelligenti”, i quali ci permettono di utilizzare solo quello che in realtà serve della pianta, cioè la frazione utile, oppure l’estratto totale privo però dei costituenti responsabili di effetti collaterali.
Pianta | Possibili effetti collaterali | Uso sicuro |
Ginkgo iloba | Cefalea, diarrea, reazioni
allergiche |
Estratti privi di acidi
ginkgolici |
Centella asiatica | Possibili turbe SNC | Frazione triterpenica |
Aloe vera gel | Irritazione da antrachinoni | Gel privo di antrachinoni |
Carica Papaya | Potenziale cardiotossicità
da carpaina |
Estratto privo di carpaina |
Borago officinalis | Tossicità da alcaloidi
pirrolizidinici |
Olio estratto a freddo dai
semi |