Mal di schiena, molti (sbagliando)
prescrivono ancora il riposo
provato che restare attivi riduce il mal di schiena, ma il riposo assoluto è raccomandato ancora a molti pazienti
Articolo estratto da: CORRIERE DELLA SERA
MILANO – Tutte le linee guida in tema di mal di schiena parlano chiaro: chi si ferma è perduto. Il riposo assoluto non fa bene, anzi: bisogna restare attivi e anche andare al lavoro, appena è possibile farlo. Invece, in barba a tutte le indicazioni, molti specialisti continuano a prescrivere «una piccola pausa dal lavoro» convinti che l’attività possa peggiorare i sintomi e ritardare la guarigione. Succede, almeno in Inghilterra, stando ai dati pubblicati sulla rivista Pain e raccolti da ricercatori dell’università di Londra su osteopati, fisioterapisti e chiropratici, ovvero i professionisti a cui più spesso si rivolgono i pazienti con mal di schiena dopo il medico di base.
STUDIO – Gli autori hanno chiesto ai partecipanti se e quante volte avessero visitato il luogo di lavoro dei loro pazienti con mal di schiena, se avessero consigliato il riposo e se avessero indicato ai pazienti esercizi da poter fare durante l’orario di lavoro. Hanno inoltre valutato se i professionisti ritenessero un obiettivo del trattamento il ritorno a una piena mobilità e anche le loro convinzioni circa il lavoro, se e quando lo ritenessero dannoso per i pazienti e quali consigli dessero in merito ai loro assistiti. Ebbene, l’80 per cento ammette di aver consigliato l’astensione dal lavoro ai pazienti con mal di schiena qualche volta, il 13 per cento addirittura l’ha fatto spesso o sempre; per fortuna l’83 per cento ha prescritto esercizi specifici da poter fare sul luogo di lavoro per ridurre il dolore, ma c’è un 70 per cento che non ha suggerito ai pazienti modifiche ergonomiche per ridurre i fastidi alla schiena.
FISIOTERAPISTI – I fisioterapisti sono risultati i professionisti meglio documentati sul tema, e in percentuali più basse consigliano il riposo; rispetto a chiropratici e osteopati, sono più di rado convinti che il lavoro possa provocare o peggiorare il dolore e tendono a limitare la durata dei cicli di trattamento, consigliando ai pazienti un rapido ritorno alle normali attività. «Il mal di schiena è la seconda causa di assenteismo nel nostro Paese – spiega il coordinatore dello studio, Tamar Pincus dell’università di Londra –. Questi dati indicano che molto potrebbe dipendere dalle false credenze dei professionisti a cui si rivolgono i pazienti. Abbiamo notato che pochissimi visitano il luogo di lavoro dei pazienti, e questo è molto negativo: sappiamo infatti che è assai utile intervenire in ufficio per modificare parametri che possono incidere sul mal di schiena, come l’ergonomia di sedie e scrivanie. Per ridurre i costi delle assenze dal lavoro e consentire ai pazienti di non “immobilizzarsi”, come consigliano le linee guida, è opportuno che i professionisti quantomeno si informino bene sul tipo di impiego dei pazienti e offrano consigli adeguati a garantire una buona permanenza in ufficio nonostante il mal di schiena».
Elena Meli28 settembre 2012 | 10:02